Accesso ai servizi

Cenni storici (1)

IndirizzoIndirizzo: Montegiordano

La fondazione di Montegiordano paese risale al 1645, ad opera di Alessandro Pignone del Carretto I Principe di Alessandria e III Marchese di Oriolo. Circa quindici anni prima, nel 1633, lo stesso Marchese aveva fondato Alessandria del Carretto posta nelle montagne e, vista la buona riuscita di questa Terra, decise di edificarne un’altra con sbocco al mare. La scelta ricadde su Montegiordano per la buona qualità del terreno in cui si coltivavano con profitto grano ed alberi di olivo e per la presenza di bellissimi pascoli per allevare e riprodurre pecore e capre.
Il sito di Montegiordano era, comunque, già ben noto per via del feudo rustico ed inabitato che sorgeva nel Piano delle Rose. Esso, infatti, era compreso nel Feudo di Oriolo, che fu proprietà dei Sanseverino (i Principi di Salerno), ininterrottamente o quasi, dal 1440 al 1552, anno in cui subentrò definitivamente nel possesso del Feudo, la famiglia Pignone del Carretto.
Fino al 1452 circa, sul Piano delle Rose sorgeva un feudo abitato, cinto di mura con Castello, torri, fabbricati vari, cisterne, laboratori e officine, con propri possedimenti, territori, distretti, pascoli, boschi, querceti, frutteti, uliveti, vigneti e con un porto cui pagavano tutta una serie di diritti marittimi per poter ormeggiare, attraccare, ancorare. Tra il 1453 e il 1480 il feudo viene progressivamente abbandonato per via delle scorrerie turche e gli abitanti si trasferiscono ad Oriolo. In un atto di vendita del 1488, il Castello, viene definito rustico ed inabitato ed è di proprietà della Regia Corte cui era passato, molto verosimilmente, dopo la confisca dei beni ai Sanseverino in seguito alla Congiura dei Baroni debellata nel 1487 e della quale fu artefice Antonello dei Sanseverino Principi di Salerno. Nel 1552, la terra di Oriolo e il feudo rustico di Montegiordano furono venduti al signor Marcello Pignone, patrizio napoletano, che con la ratifica della vendita nel 1558 diviene Barone e subito dopo riceve il titolo di I Marchese di Oriolo.
NON si conosce l’epoca di fondazione del castello con annesso feudo. Nei Registri Angioini del 1256-57, Montegiordano non figura nell’elenco dei centri abitati del Giustizierato della Valle del Crati e Terra Giordana. Il suo territorio ricade, infatti, nel Giustizierato di Terra Giordana, da cui mutua il nome, che comprendeva la parte orientale delle province di Catanzaro, Cosenza e la costa Ionica della Basilicata.
In un documento del 1440, compare come Casale Monti Iordani, ma non come castrum, ed è di pertinenza del feudo di Oriolo di proprietà della famiglia Sanseverino.
Da prima del 1508 al 1527, Terra di Oriolo e feudo inabitato di Montegiordano, passano dai Sanseverino al signor Giovanni Lopez Vergara e suoi eredi. In un inventario del 1519 dei beni appartenuti ai Sanseverino e poi passati ai Lopez Vergara, ricompare il Castello inabitato di Montegiordano con suo territorio e Difesa che si estendeva da Pietraferrata (località ubicata appena sotto il paese, all’altezza del Rione San Rocco) sino al mare e confinava con Rocca Imperiale e Roseto. Nel 1526, in una dichiarazione di obbedienza (indictio obedientiae) al Vescovo di Anglona Mons. Giovanni Antonio Scozio, risulta esserci anche un arciprete e cantore della terrae Montis Jordani. Quindi tanto inabitato non doveva essere!
Nel 1551 cessò la potestà della Casa Sanseverino e nel 1552, la Terra di Oriolo con feudo rustico di Montegiordano furono devoluti alla Regia Corte e, da questa, venduti al signor Marcello Pignone patrizio napoletano. La vendita, ratificata nel 1558 da Filippo II, conferì al Pignone il titolo di I Marchese di Oriolo.
Dal 1558 al 1645 non si hanno più notizie del feudo di Montegiordano, incorporato in quello di Oriolo e divenutone parte integrante.
Nel 1645, anno della fondazione di Montegiordano ratificata dalle Capitolazioni del 10 maggio 1649, vengono costruite le prime abitazioni rivestite in calce e tegole. Inizialmente, il paese, fu poco popolato per via delle rivoluzioni che ci furono nel Regno (rivolta di Masaniello 1647). Comunque, una volta sedate le rivolte, vi si trasferirono gente di Rocca Imperiale, Roseto, Amendolara, Canna, Nocara ed Oriolo che lo popolarono, anche se non così tanto quanto Alessandria. Ed in effetti, nel 1648, il Giustiniani, nel suo Dizionario Geografico Universale, conta solo cinque famiglie, 25 persone circa. Poco dopo la fondazione, verosimilmente, all’epoca del Marchese Aurelio Leone, succeduto nel 1656 al padre don Alessandro, iniziarono i lavori di costruzione della chiesa (distrutta nel 1933) e del palazzotto (attuale casa Solano) quale residenza ricreativa del Marchese e della sua famiglia nei mesi di novembre e dicembre. In marina, rifecero e restaurarono il castello quattrocentesco costruendovi delle confortevoli abitazioni con sale, camere ed anticamere, magazzini stalle e cortile, dove risiedere alcuni mesi all’anno deliziandosi nella caccia di fiere selvatiche e nella pesca. Tutti i lavori di costruzione e ristrutturazione, almeno quelli riguardanti il castello, dovettero essere terminati entro il 1673, anno in cui muore la Marchesa Maria Candida Brancaccio, vedova di don Aurelio, che al castello della marina, teneva una sua barca con dei marinai a salario.
La chiesa matrice di Montegiordano fu eretta a parrocchia nel 1734. È assai probabile che fosse simile a quella realizzata ad Alessandria, fondazione gemella. Doveva avere, quindi, due navate, il pavimento lastricato in mattoni e il soffitto a cassettoni di legno. Sappiamo con certezza che era dedicata a S. Antonio di Padova e alla Santissima Concezione. E che vi era una cappella del Santissimo Rosario fatta erigere da Andrea di Giambra.
Nel 1742/43, a quasi cento anni dalla fondazione, il numero degli abitanti è aumentato, ma non di molto. Infatti, quando, di lì a qualche anno, nel 1747, Montegiordano viene venduto all’asta dai Pignone è un Casale vale a dire un agglomerato rurale. Il numero delle famiglie è esiguo, più o meno un centinaio e non compaiono figure di professionisti (medici, farmacisti, avvocati, giudici) che troviamo a partire dalla seconda metà del 1700 (2), allorquando incomincia a notarsi un notevole incremento demografico che, tra l’altro, deve aver reso necessario un ampliamento della chiesa. Al 1786 risale, infatti, la ristrutturazione e l’aggiunta di una terza navata. L’antica chiesa aveva una superficie di 400 mq circa. Presentava una struttura a tre navate: la navata centrale era divisa dalle due laterali mediante tre arcate sostenute da pilastri/colonne; su ciascuna delle navate laterali si aprivano tre cappelle e, probabilmente, una quarta alla testata di una delle navate. Il campanile sorgeva sul lato est (attuale giardino casa Solano) e vi si accedeva dalla sagrestia che aveva un suo ingresso esterno. L’ingresso principale era ad ovest, sull’allora piazza Plebiscito (di fronte all’attuale casa Leo). [ricostruzione pianta dell’architetto M.L. Oliverio]
I santi che vi si veneravano, oltre a S. Antonio da Padova, l’Immacolata Concezione e la Madonna del Rosario, erano: S. Vincenzo Ferrer, santo legato alla presenza di ben tre Domenicani, nativi di Montegiordano che operavano nel Convento dei Domenicani (1450-1820) della vicina Amendolara: Fra’ Raimondo d’Amore, che nel 1776 risulta Lettore dell’Ordine dei Predicatori (che sarebbe l’Ordine dei Domenicani nella sua fase iniziale) ne fu Padre Rettore nel 1784; Fra’ Domenico Lombardi (1746-1814) ne fu Padre Provinciale nel 1783; e il sacerdote don Gaetano Giambra (1766-1822) ex Domenicano; S. Giuseppe, Santa Fortunata, San Gaetano, Santa Filomena, Santa Lucia e S. Domenico Abate. Di quest’ultimo, si conservava fino al 1917, uno scheletro in legno con testa e mani di legno. Nel 1938 venne sostituito con la statua che si conserva tuttora e che ha creato una certa confusione in quanto scambiato per S. Nicola, per via dei suoi abiti vescovili. In realtà, S. Domenico Abate, monaco benedettino (951-1031), fondatore di tanti monasteri, era un abate mitriato, possedeva, quindi, le insegne vescovili, mitra e pastorale. Una volta data la giusta identità al santo, ho potuto collegarlo ai cistercensi di località Caprara, dove sorgeva, una crangia di proprietà del Monastero del Sagittario di Chiaromonte in Basilicata (fondazione benedettina del 1060, passata poi, nel 1202, ai cistercensi di Casamari e, nel 1633, alla Congregazione Calabro Lucana) in cui abitava, almeno dal 1743, una piccola comunità di frati. A questa comunità, molto verosimilmente, apparteneva Padre Giovanni Battista Concimatore dell’Ordine Cistercense, che nel 1778, è presente a Montegiordano come sacerdote. In località Caprara vi era una cappella in cui, almeno, fino al 1952, come riferitomi da persone di Montegiordano, si veneravano S. Michele Arcangelo e San Domenico Abate. Il santo veniva festeggiato in paese la seconda domenica di maggio con fiera e solenne processione.
Delle statue, sopraelencate, non si conservano perché in cartapesta, quelle di S. Gaetano, Santa Filomena e Santa Lucia; quest’ultima, infatti, è moderna. L’antica statua in legno della Madonna del Rosario, fu rifatta nel 1956 ed è stata restaurata da poco.
Arredavano la chiesa quadri ad olio, raffiguranti S. Rocco, S. Michele Arcangelo, S. Gaetano, Visitazione di Maria Santissima, Transito di Maria Santissima, di cui non vi è più traccia. Si conserva, presso privati, solo il quadro raffigurante S. Domenico Abate (seconda metà del ‘700) del famoso Francesco Oliva da Mormanno, pittore di arte sacra tra i più prolifici che operò in Calabria e Basilicata nella metà del 1700. Dei due confessionali se ne conserva solo uno datato 1772, si conserva, altresì, il pulpito settecentesco, mentre sono spariti l’organo e il coro in legno con undici sedili.
L’antica chiesa matrice, venne dichiarata inagibile perché franosa e chiusa al culto nel 1928 con un’ordinanza podestarile. Essendo l’unico luogo di culto, fu, comunque, consentito che vi si continuasse ad officiare nella navata sud, la parte meglio conservata. Questo fino agli inizi del 1932 allorquando, un’ulteriore ordinanza podestarile ed un decreto di interdizione del Vescovo fecero sì che la chiesa venisse definitivamente chiusa. Le funzioni religiose furono svolte, per gentile concessione della famiglia Favoino, nella cappella di San Rocco. Il 18 marzo del 1933 viene inaugurata la nuova chiesa (questa che oggi chiamiamo chiesa “vecchia”e che da poco (25 novembre 2016) è stata re- intitolata all’Immacolata Concezione) e di lì a qualche mese l’antica e bella chiesa matrice venne rasa al suolo. L’anno seguente, nel 1934, venne demolito il campanile, ultimo ed ormai inutile baluardo.
La famiglia de Martino, originaria di Aiello, nella persona di don Giuseppe (Sergente Maggiore ed Arrendatore della Sila), acquistò all’asta, nel 1747, il Casale di Montegiordano, ed ottenne, nel 1748, la trascrizione nel Cedolario e il titolo di Barone. Montegiordano paese con il Castello nel Piano delle Rose divenne il loro unico feudo, vi soggiornavano stabilmente sia quelli della prima generazione nati a Cosenza che quelli della generazione successiva nati a Napoli. A Montegiordano trovarono riposo le loro spoglie mortali; furono seppelliti nella chiesa madre, solo l’ultimo barone, Luigi, morto nel 1879, trovò riposo nella cripta della cappella di San Rocco, poiché dall’8 marzo del 1846, non si seppelliva più sotto l’impiantito della chiesa, ma nell’Agrosanto costruito, in seguito alle disposizioni dell’editto napoleonico, al di fuori dal centro abitato. Con i nuovi feudatari, Montegiordano incomincia a progredire, si riprende dal torpore nel quale era rimasto dalla sua fondazione a causa dello sfruttamento dei Pignone. Migliorano le condizioni economiche, l’edilizia progredisce, la popolazione aumenta e da qui l’esigenza di ampliare la chiesa madre (vedi sopra). I de Martino danno nuova vita anche al culto della Madonna del Carmine. Nel Catasto Onciario del 1743 non vi è traccia di alcuna cappella dedicata alla Madonna del Carmine. Sono loro che costruiscono la prima cappella della Beata Vergine del Carmelo, quella collocata poco più giù del Castello. In seguito, la cappella venne più volte ricostruita dalla famiglia Solano, poiché collocata su di un pianoro particolarmente franoso. L’ultima ristrutturazione risaliva al 1896. Nel 1947 ne spostarono, definitivamente, la costruzione su di un pianoro più stabile che è quello dove sorge attualmente.
Don Giuseppe de Martino I Barone sposa donna Aquila de Capua Solone dal matrimonio nascono Francesco, Lorenzo, Filippo, Gaetano II Barone, e Michele Franchino III Barone (n 1747 Cosenza; m 27-07-1833 Montegiordano), succeduto al fratello Gaetano. Dal matrimonio del III Barone, don Franchino, con donna Giovanna Garsia nascono Giuseppe IV Barone, Raffaele, nato, nel 1774 a Napoli, Capitano ritirato, che viveva a Montegiordano dove è morto, celibe, il 22-12-1842 e Nicola, nato nel 1778, Brigadiere Generale (o Generale di Brigata) di stanza presso la cittadella di Messina nel 1861.
Giuseppe IV Barone (n 1771 Napoli; m 21-10-1841 Montegiordano), sposa in prime nozze donna Adelaide Ianuzzi dal matrimonio nascono Giovanna (che sposerà Giuseppe Sanfelice duca d’Acquavella da cui Guglielmo, Arcivescovo di Napoli dal 1878 e Cardinale dal 1884), Lorenzo (n 1818 Napoli; m 21-04-1843 Montegiordano) e Luigi V ed ultimo Barone di Montegiordano. In seconde nozze (22-04-1823) sposa donna Maria Giuseppa Pinto y Mendoza (n 17-03-1787; m 28-06-1840) da cui Maria Francesca che sposa (4-7-1849) Domenico de Vera d’Aragona Marchese di Ischitella.
Luigi V Barone, nato a Napoli nel 1821, risiedeva a Montegiordano nel Palazzo. Il Castello della Marina veniva utilizzato come Casino di caccia, vi abitava stabilmente un sorvegliante e, periodicamente, persone di servizio che provvedevano ai lavori agricoli e alla cura del bestiame. Fu sindaco a Montegiordano dal 25 aprile 1850 al 7 marzo 1853 e vi morì il 29 agosto 1879 all’età di cinquantotto anni nella sua abitazione in via Plebiscito numero 2 (quindi non abitava più nel palazzo). Il suo corpo fu sepolto nella Cappella di San Rocco. Don Luigi era sposato con la signora Rosa Paladino e dal loro matrimonio non dovettero nascere figli perché i suoi eredi testamentari risultano essere la vedova e il signor Luigi de Vera d’Aragona, figlio di Maria Francesca, sua sorella, da parte di padre. [tavola genealogica]
I de Martino furono feudatari di Montegiordano dal 1748 sino al 2 agosto 1806, allorquando venne abolita la legge feudale. Essi rimasero proprietari della tenuta del Castello, del Palazzo e, praticamente, di quasi tutti i terreni che costituivano il feudo sino al 1879/1881 allorquando la proprietà viene messa all’asta ed acquistata dalla famiglia Solano, tranne la cappella di S. Rocco con la tenuta circostante, Vigna della Corte, acquistata dalla famiglia Favoino.

(1) Il seguente testo è un sunto tratto dai libri di TERESA CARLA LOPRETE, Montegiordano. Cenni storici sulle origini, Trebisacce 2008; Montegiordano. Antica Chiesa Matrice (distrutta) ed altri luoghi di culto. Con cronotassi dei sacerdoti, Trebisacce 2011. Integrano, inoltre, il testo informazioni rinvenute dopo la pubblicazione e notizie tratte dal libro di CARMELO MUNDO, Il Catasto Onciario di Montegiordano (1742/43), Rende 2013.
(2) Antonio Formichella è notaio dal 1739; Giuseppe Sarandria è medico dal 1750; Francesco Antonio Favoino è medico dal 1752; Domenico Andreassi è dottore in Legge dal 1752 e nel 1766 giudice; Pasquale d’Amore è dottore in Legge nel 1756; Vincenzo Formichella è farmacista dal 1761; Carmine Antonio Andreassi è dottore in Legge dal 1762; Carmelo Maria Andreassi è dottore in Legge dal 1793; Fiordelisi Romoaldo è dottore in Legge dal 1797.


Dott.ssa Loprete Teresa Carla


Documenti allegati:
Pianta antica Chiesa madre distrutta Pianta antica Chiesa madre distrutta (100,29 KB)


Albero genealogico de Martino Albero genealogico de Martino (19,1 MB)